
Si fa un gran parlare di “Empatia”: “Ci vuole empatia nelle relazioni”, “Tu sei una persona molto empatica”, Io sono molto empatica, mi piace stare con gli altri”. Tutti ormai desideriamo di essere empatici, molti pensano di esserlo già: in realtà, l’empatia è una qualità straordinaria e, se utilizzata come abitudine, rende la persona che ne è dotata eccezionale. L’empatia, infatti, ti permette di vedere alle cose con occhi diversi, di cogliere il non detto, di comunicare in modo efficace ed assertivo, e di instaurare relazioni profonde. In altre parole ti permette di entrare in sintonia con l’altro. Una dote fondamentale per tutti: ci aiuta nella relazione, nella vita privata e negli ambienti lavorativi. L’ empatia è la capacità di capire gli stati d’animo dell’altro. Riuscire a comprendere le emozioni dell’altro, lo stato d’animo della persona con cui siamo a contatto e, di conseguenza le loro azioni. Daniel Goleman (1995) nel suo libro “L’intelligenza emotiva. Che cos’è perchè può renderci felici”, ci porta ad esplorare il mondo delle emozioni e spiega perché sono così importanti. L’intelligenza emotiva consente di governare le emozioni e guidarle nelle direzioni più opportune. La facoltà che governa settori così decisivi dell’esistenza non è l’intelligenza astratta dei soliti test, ma una complessa miscela in cui hanno un ruolo predominante fattori come l’autocontrollo, la perseveranza, l’empatia e l’attenzione agli altri. Imparare a cogliere le proprie emozioni e quelle degli altri (i nostri cari, le persone con cui lavoriamo o quelle che semplicemente ci troviamo di fronte nella nostra quotidianità), vuol dire leggere nel loro cuore per poterle aiutare davvero. Da dove partire quindi? “Chi si mette in atteggiamento di ascolto è aperto in un modo più fondamentale. Senza questa radicale apertura reciproca non sussiste alcun legame umano. L’essere legati gli uni agli altri, significa sempre, insieme, sapersi ascoltare reciprocamente (H.G. Gadamer, 1960). “ La dimensione dell’ascolto è una condizione essenziale per lo sviluppo di una buona relazionalità a livello sia interpersonale che sociale. In una società come la nostra, gli attuali ritmi di vita, stanno rendendo aleatori sia l’ascoltare se stessi che l’ascoltare l’altro e l’essere dall’altro ascoltati. La nostra è una società in cui tutti parlano ma pochi ascoltano. E quei pochi che sono disposti a farlo sembrano privilegiare, più che altro, un ascolto impersonale, anonimo, privo di qualsiasi coinvolgimento emotivo. Aprirsi all’altro fa bene anche a noi stessi. In certe circostanze ci obbliga a percorrere sentieri della nostra esistenza che, per pigrizia, opportunismo o paura, abbiamo abbandonato, trascurato o dimenticato. Oggi il bisogno di essere ascoltati subisce notevoli frustrazioni, anche per il fatto che si sta verificando una rarefazione dei rapporti interpersonali, così come sono stati vissuti per secoli. Molte delle incombenze che prima si sbrigavano incontrando fisicamente l’altro ora sono asetticamente sostituite da schede magnetiche, da distributori automatici, da segreterie telefoniche, da e-mail, da guide digitali, da avatar, da numeri di codice, da password. Diventa sempre più difficile avere a che fare con veri interlocutori che abbiano un volto. Nell’intento di rendere più rapide ed efficienti le comunicazioni, si finisce per mortificare, se non addirittura vanificare, le relazioni faccia a faccia. Il bisogno di essere ascoltati cela un’attesa di riconoscimento. Un’attesa che talvolta è esposta alla frustrazione, alla delusione. Non sempre abbiamo la sensazione che gli altri prestino una adeguata attenzione alle nostre parole. Prima ancora del bisogno di un consiglio, di un orientamento, di un incoraggiamento, giace dunque nel profondo del nostro animo, più o meno coscientemente e più o meno esplicitamente, l’attesa dell’altro come riflesso silenzioso e incondizionato delle nostre gioie, delle nostre ansie, delle nostre sofferenze. Si bada troppo poco al peso delle parole. Ci sono parole che uniscono e parole che dividono, che ristorano o che feriscono, che aprono ad un incontro o che provano una separazione, che accolgono o che rifiutano. Le parole dicono sempre qualcosa. Non esistono parole asettiche. In ogni parola vi è racchiuso un vissuto personale fatto di sentimenti, emozioni, desideri e bisogni. Chi parla, comunica sempre qualcosa di personale, anche se all’apparenza sembra insignificante Bisogna essere quindi attenti a quanto l’altro dice e saperlo accogliere con cura. Una cura che è tale se c’è un coinvolgimento emotivo che porta al riconoscimento dell’altro. A monte, quindi, non c’è l’esperienza del parlare ma dell’ascoltare. Purtroppo oggi la parola non nasce più dall’ascolto ma da un’altra parola. Anzi, oggi si ricorre alla parola proprio per non ascoltare l’altro, così da poter con più facilità stordire, imporre le proprie idee. L’empatia è un linguaggio che, partendo dai nostri sentimenti e dalle nostre emozioni e superando i limiti della parola, ci mette nella condizione di inoltrarci nei complessi e impegnativi sentieri della vita interiore dell’altro, sperimentandola come propria, pur continuando a sperimentare la nostra posizione di osservatori. Accade quindi che, dove opera l’ascolto empatico la parola è accolta e compresa come parola vissuta e non semplicemente pronunciata. Non possiamo vivere senza emozioni: il punto è dunque come conviverci meglio. Bibliografia Castellazzi V. L., (2011), Ascoltarsi, ascoltare. Le vie dell’incontro e del dialogo. Edizioni Scientifiche Ma. Gi. Srl, Roma. Colasanti A. R., R. Mastromarino, a cura di, (1994), Ascolto Attivo. Elementi teorici ed esercitazioni per la conduzione del colloquio. Ifrep, Roma. Cousin G., D. Page, (2017). Il benessere emotivo. Conquistarlo in nove passi con la mindfulness.Tecniche Nuove, Milano. Ekman P. (2008). Te lo leggo in faccia riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Edizioni Amrita, Torino. Goleman D., (1996). Intelligenza Emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici. R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.a., Milano. Gadamer H. G. (1965). Verità e metodo. Milano:Fratelli Fabbri Editori 1972. Volli U., (2007) Il Nuovo Libro della Comunicazione. Che cosa significa comunicare: idee, tecnologie, strumenti, modelli. Gruppo Edotoriale Il Saggiatore spa, Milano
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