La plusvalenza consiste nella crescita di valore di un bene, quando si parla di beni immobili rappresenta la differenza positiva tra il prezzo di acquisto di un bene e la sua vendita, generando così un profitto.
Il Testo unico delle Imposte sui Redditi (TIUR) ci dà una definizione più esaustiva:
“Le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. Nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante”.
Una casa può essere acquistata per necessità, come propria residenza (prima casa) o per investimento, quest’ultimo caso comprando in periodi favorevoli e rivendendo successivamente a prezzi più alti.
Quando l’acquisto di un bene immobile viene fatto per investimento il fisco considera la plusvalenza il guadagno che il proprietario ottiene al momento della vendita del bene medesimo, ossia l’operazione viene considerata “speculativa” e come tale viene tassata.
Non tutte le plusvalenze vengono tassate: il fisco adotta un criterio di tassazione riferendosi al tempo in cui avviene l’operazione di acquisto e vendita successiva, individuando un arco temporale di cinque anni entro cui l’operazione di investimento è da considerarsi investimento immobiliare.
Non è solo il tempo che viene considerato dal fisco, la tassazione delle plusvalenze avviene in base a situazioni specifiche ed in base al tipo di immobile compravenduto:
la plusvalenza che deriva dalla vendita di fabbricati è tassata solamente nelle ipotesi previste specificatamente;
la plusvalenza che deriva dalla vendita di terreni agricoli ha la stessa tassazione dei fabbricati;
quella che proviene dalla vendita di terreni edificabili è sempre tassata anche dopo cinque anni dall’acquisto e in caso di successione o donazione.
I fabbricati in corso di costruzione meritano un discorso a parte, in quanto il tema della tassazione è stato oggetto di un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per stabilire se la plusvalenza sia soggetta o meno a tassazione è necessario fare riferimento allo stato dell’immobile in corso di costruzione quando avviene la vendita. In particolare, se sono stati realizzati almeno il rustico con i muri perimetrali e la copertura, vengono applicate le regole per i fabbricati. Se, invece, l’immobile non può essere considerato un fabbricato sono valide le stesse regole dei terreni edificabili.
Precisiamo meglio:
Immobili acquistati come prima casa
Quando si tratta della prima casa non c’è nessuna tassazione sulla plusvalenza a patto che sia stata utilizzata come abitazione principale, se questo viene rivenduto prima dei cinque anni dell’acquisto è necessario dimostrare che, nella maggior parte del periodo di possesso, l’immobile è stato adibito ad abitazione principale dal proprietario.
Immobili acquistati come seconda casa
Sulla seconda casa viene applicata la plusvalenza immobiliare quando viene venduto ad un prezzo più elevato rispetto a quello di acquisto prima che siano intercorsi 5 anni dalla stipula del rogito, nulla è dovuto invece se la vendita avviene dopo i cinque anni. Nella vendita prima dei cinque anni il contribuente può scegliere tra due opzioni l’imposta sostitutiva o l’IRPEF. Nel caso dell’imposta sostitutiva può essere applicato il 26% all’atto notarile.
È importante capire quale sia la tassazione più vantaggiosa a seconda dei casi.
Nel caso dell’IRPEF, la plusvalenza si convoglia nel reddito totale e si somma ad altri redditi IRPEF. La tassazione prenderà in esame vari scaglioni a seconda dell’aliquota prevista. Solitamente si parte da un minimo del 23%. Il reddito e la convenienza sono inversamente proporzionali, questo vuol dire che maggiore è il reddito e minore è il vantaggio per la scelta di questa tipologia di tassazione. L’IRPEF infatti rappresenta una tassa variabile che varia a seconda delle detrazioni fiscali a seconda del soggetto. Se percepisci redditi IRPEF è più conveniente chiedere al notaio l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% e si hanno due benefici. Il primo è l’aliquota del 26%, il secondo è la possibilità di avere l’esonero da parte del fisco e della legge.
Quando non si effettua la tassazione sulla plusvalenza immobiliare: in caso di successione la plusvalenza non è soggetta a tassazione, mentre se si tratta di una donazione è tassata.
Bibliografia
Santarcangelo G., (2014). La compravendita Immobiliare. A. Giuffrè Editore, Milano.
Sito
https://fiscomania.com/plusvalenza-da-cessione-di-immobili/
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